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Io sono tartufo

Il tartufo del Molise

Una regione nascosta dove splendide montagne baciano il mare, in soli 90 km, nel mezzo, troviamo colline mozzafiato che si stagliano all’orizzonte, dove sono custoditi piccoli ed incantevoli borghi immersi nei paesaggi. Una terra fatta di cose semplici, dove è possibile respirare ed ammirare a passo lento bellezze millenarie e specchiarsi in laghi, scoprire cascate naturali mozzafiato, sentieri selvaggi nella natura incontaminata.

Territori contraddistinti da sapori, colori, saperi, tradizioni unici che ne scandiscono il tempo e ne contraddistinguono l’identità. Autenticità dove i campi seguono il ritmo delle stagioni, abbracciano il ciclo della vita, nel pieno rispetto dell’ambiente e degli ecosistemi, terra che, attraverso un’agricoltura tradizionale, biologica e sostenibile, rende gli agricoltori custodi indiscussi dell’ambiente in cui vivono. Agricoltura e biodiversità alla cui base vi è stretta correlazione tra le risorse genetiche, l’ambiente, i sistemi, le pratiche agricole tradizionali, le filiere alimentari corte, biologiche, sostenibili e locali… Una terra di autentiche Eccellenze chiamata Molise. A rendere eccellente ed unico il nostro patrimonio agroalimentare vi è il tartufo, alimento prelibato ed esclusivo, sia per la sua rarità che per il suo inconfondibile aroma, siamo tra i primi produttori d’Italia.

A tal proposito, l’Assessorato regionale alle Politiche agricole e agroalimentari, in maniera determinante, promuove ed incentiva le attività di cavatura, produzione, trasformazione, commercializzazione, rafforza la conoscenza e divulga la cultura che vede protagonista il mondo tartufo, anche sotto l’aspetto del turismo enograstronomico, nonché dell’incentivazione di realizzazione di impianti di tartuficoltura, come il campo-collezione di specie vegetali autoctone, il Centro di ricerca e sperimentazione per la produzione di piantine tartufigene situato a Campochiaro e gestito dall’ARSARP.

Un mondo ampio ed affascinante da scoprire e conoscere, così la presente brochure vuole essere uno strumento attraverso cui il lettore possa addentrarsi nella realtà del tartufo molisano e un mezzo per favorire l’accrescimento del rispetto della risorsa tartufo da valorizzare e tutelare ancor più in un’epoca che minaccia, in maniera sempre più consistente, la salute dell’ambiente, degli ecosistemi, della natura e la perdita della biodiversità.

Salvatore Micone
Assessore alle Politiche
agricole e agroalimentari
Regione Molise

La storia del Tartufo

Il termine tartufo deriva dal latino “Terrae tufer” escrescenza della terra. Storicamente risulta che fosse già conosciuto dai Babilonesi nel 3000 A.C. Nel primo secolo avanti Cristo il filosofo greco Plutarco descriveva i tartufi come frutti degli Dei, tanto che la loro origine era attribuita ad un fulmine scagliato da Zeus in prossimità di una quercia.

I Romani, copiando le usanze degli Etruschi, ne facevano un largo consumo a tavola.

Nel medioevo il tartufo scomparve dalle diete in quanto considerato frutto del demonio.

Ricompare a corte verso la fine del sedicesimo secolo, ma è nel 1700 che in tutte le corti europee, il tartufo bianco del Piemonte era considerato come il prodotto culinario più pregiato. La ricerca era un divertimento di corte e veniva effettuata con i maiali addestrati.
Ancor oggi il tartufo viene considerato come un prodotto pregiato che si utilizza in cucina.

Scoperto dai molisani soltanto agli inizi degli anni 80, il tartufo è divenuto in pochi anni un punto di forza di molte economie locali e, nel giro di qualche decennio, il Molise ne è diventato il più grande produttore di tutta l’Italia.
Il clima, lo scarso sviluppo industriale, l’ambiente salubre e lo spopolamento, con il conseguente abbandono dei terreni fertili, creano le condizioni ottimali per lo sviluppo del preziosissimo fungo.

L’intera regione può essere considerata come una grande tartufaia.

Le aree di raccolta, infatti, si estendono dai boschi dell’alto Molise, ricchissimi di Tuber magnatum Pico e Tuber aestivum Vitt., fino alle pinete costiere ricchissime di Tuber albidum Pico.

Sono tanti i molisani che si dedicano alla ricerca dei tartufi: nell’ultimo anno sono stati registrati circa 5000 tesserini per l’autorizzazione alla raccolta.

La ricerca del tartufo rappresenta, per la maggior parte dei ricercatori molisani, un’importante fonte di integrazione al reddito; per tanti altri, invece, la ricerca rappresenta il solo reddito di sostentamento familiare.

Va evidenziato che proprio nei piccoli e marginali comuni montani della regione questo prodotto assume maggior importanza infatti, nei paesini in cui l’industrializzazione è praticamente assente e le possibilità di trovare lavoro sono quasi nulle, gran parte della popolazione si dedica esclusivamente alla ricerca del tartufo.

Un esempio su tutti è rappresentato da 2 comuni collinari della provincia di Campobasso: Fossalto (1251 abitanti) e Colle d’Anchise (780 abitanti); nel primo ci sono 220 cavatori, nel secondo invecese ne registrano 90.

Centro di Tartuficoltura di Campochiaro

Nel 2010 nasce il Centro di Tartuficoltura di Campochiaro con lo scopo principale di favorire e promuovere lo sviluppo della tartuficoltura sul territorio molisano.

È noto come il Molise sia fortemente vocato alla produzione di Tartufi, essendone il primo produttore Italiano, tuttavia non si riesce a dimostrare l’autenticità del primato in quanto mancano dei tasselli importanti per chiudere la filiera produttiva.

La realizzazione del Centro di Ricerca ha “certificato e potenziato” la vocazione del territorio alla produzione dei preziosissimi tartufi, generando così le basi per la creazione di un marchio di identità del tartufo molisano.

Il Centro è costituito da un laboratorio, una sala inoculi, una serra automatizzata, una sala convegni e un ufficio.

Le piante tartufigene

Carpino nero

Ostrya carpinifolia Scop.

Autoctona

Leccio

Quercus ilex L.

Autoctona

Nocciolo

Corylus avellana

Autoctona

Roverella

Quercus pubescens Willd.

Autoctona

Linee guida

LA SCELTA DEL POSTO

Per la buona riuscita di un impianto tartufigeno è sicuramente fondamentale scegliere dei terreni adatti alla coltivazione del tartufo.

A tal fine andranno prese in esame:

  • caratteristiche pedoclimatiche;
  • caratteristiche chimico-fisiche;
  • Tessitura;
  • Permeabilità;
  • Areazione degli strati superficiali;
  • Altimetria;
  • Ph e la presenza di ristagni idrici.

Un tecnico specializzato del Centro potrà essere di supporto per rielaborare i dati presi in esame e verificare l’idoneità del fondo alla tartuficoltura.

LA SCELTA DELLE SPECIE

Per la coltivazione del tartufo nero estivo possono essere utilizzate diverse specie simbionti: roverella (Quercus pubescens), nocciolo(Corylus avellana), cerro(Quercus cerris), leccio(Quercus ilex), carpino nero(Ostrya carpinifolia), pino domestico (Pinus pinea), pino d’aleppo (P. halepensis) e tiglio (Tilia cordata). La scelta delle specie simbionti va effettuata in base alle caratteristiche del fondo.
Gli impianti possono essere realizzati misti o in purezza. Oltre alle specie simbionti si consiglia l’utilizzo delle piante comari.
Sperimentazioni condotte dal Centro di Ricerca di Campochiaro con piante comari di Cistus creteus (cisto rosso) hanno messo in evidenza come queste specie favoriscano la formazione dei pianelli e abbassino notevolmente i tempi per l’entrata in produzione dell’impianto stesso.
Inoltre, come piante comari possono essere utilizzate il prugnolo selvatico (Prunus spinosa), la ginestra (Spartium jungeum), la rosa canina (R. canina), il biancospino (Crataegus monogyna) e la lavanda (Lavandula spp.).

PREPARAZIONE DEL TERRENO

I lavori di preparazione del terreno prima di impiantare la tartufaia sono: aratura mediamente profonda e ripasso con frangizolle nel periodo estivo (luglio-agosto), rimozione di sassi e taglio di eventuali alberi presenti sul fondo.

LA DENSITÀ DI IMPIANTO

Il sesto di impianto può variare dal 4x3 all’ 8x8 a seconda della grandezza dei mezzi meccanici che si hanno a disposizione per la lavorazione del terreno e a seconda delle esigenze di ombreggiamento che si hanno sull’impianto. Non esiste una densità di impianto standardizzabile per tutte le situazioni, in fase di sopralluogo, un tecnico preparato sceglie il sesto di impianto idoneo.

IRRIGAZIONE DI SOCCORSO

Soprattutto nei primi anni, per favorire l’attecchimento delle piantine tartufigene, l’irrigazione di soccorso è fondamentale.
Si consiglia di usare acqua sorgiva oppure acqua di pozzo. In quest’ultimo caso è sconsigliato dare l’acqua subito dopo il prelievo, in quanto la differenza di temperatura provocherebbe uno shock termico alla piantina rallentandone la crescita. È buona norma, dopo il prelievo, conservare l’acqua in una cisterna per almeno un paio di giorni, prima di utilizzarla per l’irrigazione delle piantine.

SARCHIATURA

La sarchiatura va praticata dalla metà del mese di agosto fino agli inizi del mese di settembre.
A tal scopo, nell’interfila si possono utilizzare l’erpice o la vangatrice, regolati ad una profondità di lavorazione di 10 cm circa.
La sarchiatura del pianello va effettuata, invece, manualmente o con l’ausilio della fresatartufi ad una profondità di 5-6 cm.

RINFORZO SPORALE

Tale pratica risulta fondamentale per mantenere alto o incrementare l’indice di micorrizazione dell’impianto. Il rinforzo sporale va praticato ogni
anno, sia nel periodo improduttivo, sia nel periodo produttivo; consiste nel distribuire, in prossimità delle piantine tartufigene, una soluzione sporale di tartufo nero estivo.
Il rinforzo va effettuato nel mese di agosto e va seguito da una leggera sarchiatura.

TAGLIO DELLA VEGETAZIONE ERBACEA

È sempre buona norma mantenere pulito l’impianto dalla vegetazione erbacea spontanea, a tal fine si possono utilizzare falciatrici o trinciaerba.

POTATURA

Gli impianti di tartufo nero estivo necessitano di molta luce pertanto la potatura andrà effettuata ogni anno, con il fine di evitare che la tartufaia diventi un bosco chiuso. La potatura va effettuata principalmente nel periodo invernale. Altro aspetto importante che va considerato è quello che riguarda le dimensioni degli alberi e la profondità dell’apparato radicale.
Il tartufo nero estivo si sviluppa molto in superficie, pertanto bisogna favorire la crescita di un apparato radicale superficiale.
Solitamente le piante più grandi hanno maggiore necessità idrica e sviluppano un apparato radicale fittonante che risulta essere poco utile alla
tartuficoltura. Anche per questo motivo le piante vanno mantenute basse, favorendo lo sviluppo di un apparato radicale molto superficiale e produttivo.

RACCOLTA

Nelle migliori condizioni un impianto tartufigeno di tartufo nero estivo comincia la sua produzione al quinto anno, anche se i migliori risultati si registrano a partire dal 9° anno dalla messa a dimora delle piantine e si protraggono per altri 10 anni.
La raccolta va effettuata con l’ausilio di un cane da tartufi e solitamente la produzione del primo
anno va lasciata a terra per favorire lo sviluppo di altre micorrize.